venerdì 26 novembre 2010

Studenti in rivolta. Slitta il voto del DDLGelmini

Studenti, ricercatori, docenti in rivolta contro il DDL Gelmini. Pacifici, innovativi, liberi, determinati. Lo sappiamo, c'eravamo. Checché ne dica Emilio Fede nel suo telegiornale, diventato ormai un bollettino di regime dove la realtà dei fatti è cormai un fastidioso problema.
Già in campo da settembre con iniziative, scioperi e proposte, le Università moltiplicano le iniziative in vista dell'approvazione del DDL Gelmini inizialmente prevista oggi alla Camera, e  ormai slittata a martedì  30 novembre mentre il Governo va allo sbando sulel sue stesse proposte.
L'attacco al sistema universitario e delle ricerca statale non aveva mai raggiunto un livello cosi alto in un quadro del Paese profondamente instabile da un punto di vista politico. L'Italia è tra i Paesi che in Europa ha investito di meno in formazione e ricerca negli ultimi decenni. La riforma della Gelmini stabilizza i tagli (oltre 1 miliardo di euro) e non dà alcuna prospettiva ai ricercatori e studenti.

DDL Gelmini, cosa non va
  • Riforma a costo zero: il governo ha sottratto all'università 1 miliardo e 200 milioni di euro, cui si devono aggiungere 200 milioni di ulteriori tagli alla ricerca, e ha restituito una parte, appena sufficiente ad assicurare le spese obbligatorie degli Atenei, a ridurre parzialmente il vergognoso tentativo di abolire il diritto allo studio;
  • Aumento esponenziale della burocrazia: 170 norme che diventeranno 500 con le deleghe. Gli atenei verranno ingabbiati in un rigido schema ministeriale del quale rimane ben poco da valutare, otterrete solo l'uniformità burocratica o l'elusione normativa. Per fare un esempio, se gli atenei non potranno fare la politica del personale, la quale condiziona quasi totalmente le performance della ricerca;
  • Nessuno nuovo spazio per i ricercatori a tempo indeterminato (quelli pre-riforma) nei successivi posti per diventare professori associati, senza riconoscere ad essi l'attività didattica frontale portata avanti fino ad oggi, precludendo cosi ogni prospettiva di carriera.
  • Blocco del turn over già messo in atto in precedenza (legge finanziaria 2009) e blocco degli scatti di anzianità con conseguente invecchiamento del corpo docente
  • Cancellazione del diritto allo studio;
  • Incertezza sulla Governance delle Università, in particolare il CDA. La presenza di membri esterni nei consigli di amministrazione, dipende tutto da chi li nomina, ma non si dice pur in un testo molto prescrittivo. Se la nomina è interna si tratta di uno strumento già in vigore ed è servito solo a rafforzare il potere del rettore. Se invece, la nomina avviene dall'esterno il pericolo di cadere in mano ad una logica aziendalistica è notevole.
Le nostre proposte
  • Utilizzare la Legge di stabilità per ripristinare integralmente i tagli all'università e alla ricerca e per dare spazi aperti alla selezione, fondata sul merito, di una nuova generazione di docenti universitari, dando opportunità, fondate sul merito, ai ricercatori strutturati e precari.
  • Almeno il 50% delle risorse agli Atenei assegnato con la valutazione di ricerca e didattica, in base alle scelte degli studenti e alle conoscenze acquisite nel corso degli
  • Pensionamento a 65 anni dei docenti. L’obiettivo è introdurre uno shock generazionale nell’università italiana: vogliamo abbassare di dieci anni l’età media dei docenti. I giovani devono sapere che si può andare in cattedra a meno di 35 anni, quando si è in grado di dare il meglio di sé studi;
  • Semplificazione delle norme e libertà di organizzazione per gli atenei;
  • Criteri trasparenti e programmazione per gli accordi di programma tra Ministero e Atenei
  • Contratto unico di ricercator in formazione, con tutele sociali e previdenziali. E stop a tutti i rapporti precari ed un ruolo unico di docenza articolato in livelli.
  • Diritto allo studio garantito per tutti.