Per diciassette freddi giorni novembrini Brescia è rimasta con il fiato sospeso. Come nei libri gialli l’orologio si ferma all’ora del delitto, così la città si è bloccata intorno a quella gru all’imbocco di via San Faustino, dove dieci migranti hanno deciso di asserragliarsi nella disperata lotta per la regolarizzazione.
Da subito è chiaro che la situazione è delicatissima: in una città che conta un’altissima percentuale di stranieri, basterebbe poco per scatenare una battaglia delle banlieues. Gli immigrati si battono contro la “sanatoria truffa” e chiedono a gran voce il permesso di soggiorno per tutti. Per i primi giorni un nutrito gruppo di sostenitori si raccoglie sotto la gru, supportando i ragazzi asserragliati a trenta metri d’altezza che rifiutano ogni tipo di mediazione loro offerta.
Una settimana di incertezza e relativa immobilità sfocia nella manifestazione di sabato 6 novembre, indetta dalle associazioni di migranti e da “Diritti per tutti” che si rifà ai centri sociali, e che vede accorrere numerose persone. Moltissimi immigrati, parecchi italiani che partecipano a titolo personale, tra cui molti studenti e famiglie, e qualche bandiera politica di estrema sinistra. Viene fortunatamente ritirata la contromanifestazione leghista “della brava gente onesta” minacciata dal vicesindaco Rolfi, che avrebbe creato pericolosissime tensioni. La manifestazione si svolge in maniera pacifica, tra canti e balli e famiglie con i passeggini. Impressionanti gli occhi dei migranti colmi di fiducia, speranza e commozione quando il corteo fa tappa davanti alla gru: segno che in quella lotta disperata credono davvero, che come recitano i cartelli sono “tutti sulla gru”.
Intanto il clima in città si fa sempre più teso: passeggiando per le vie del centro non si sente parlare di altro. I bresciani stanno dando segno di insofferenza, i commenti arrabbiati o semplicemente razzisti ormai si sprecano, così come le frasi fatte dei vecchietti sulle panchine e delle siure bon ton che asseriscono «tutti abbiamo i nostri problemi. E poi una volta venivano uno a uno, adesso ci stanno invadendo».